Uno spaccato sullʼemigrazione dalla Valtellina, in provincia di Sondrio, verso lʼArgentina tra la fine del XIX secolo e lʼinizio del XX. Eʼ questo il tema di una nuova pubblicazione a cura dal Museo Etnografico Tiranese che si aggiunge ad arricchire le numerose testimonianze sul lungo e tormentato fenomeno migratorio italiano degli scorsi due secoli. “In rete con lʼItalia” ha intervistato la giovane autrice della ricerca Augusta Ferrari.
Che cosa l'ha spinta ad interessarsi di migrazione dalla Valtellina in Argentina ?
La ricerca è nata da una dinamica strettamente familiare e personale, per poi allargarsi a storie similari in tutta la provincia montana di Sondrio (Valtellina) e attraversare quasi mezzo secolo di storia, politica, economia e sociologia dei due territori interessati: la difficile condizione socioeconomica della Valtellina dei decenni compresi tra la fine dell' '800 e metà del '900 e la ricchezza economica di una nazione sudamericana durante il suo più significativo boom economico.
Quali erano gli obiettivi della ricerca ?
L'obiettivo principale è stato quello di ricostruire un percorso storico d'emigrazione di un popolo montano, la cui dinamica rientra negli esodi di massa degli italiani, e diffonderne la conoscenza. In Valtellina sono stati prodotti dei lavori molto interessanti in merito all'emigrazione verso l'Australia, che però fu posteriore a quella verso l'Argentina, nonostante insieme al Brasile e all'Africa nordoccidentale, fosse una delle prime mete
dei convalligiani. Resami conto che mancava un pezzo di storia provinciale, è iniziato un cammino dentro e fuori archivi storici comunali, provinciali e diverse biblioteche, che mi hanno fornito molti documenti, dati, informazioni socioeconomiche che ho raccolto e ricomposto con una logica temporale e storica.
Ci può illustrare le caratteristiche del fenomeno migratorio valtellinese ?
Fino alla metà del XIX secolo, l'economia alpina era un'economia di sussistenza, messa in difficoltà dalla grave arretratezza, dalla difficoltosa rete di viabilità e dai disagi ambientali e geografici che influivano negativamente sull'agricoltura e l'allevamento. Il sovrappopolamento alpino rendeva quindi necessari la mobilità e l'obbligo a emigrare. Coloro che intraprendevano l'emigrazione temporanea si recavano spesso in Stati continentali europei ma anche verso zone transoceaniche, affrontando lunghi e rischiosi viaggi ad ogni cambio di stagione. Verso le zone transoceaniche si dirigeva sopratutto l'emigrazione permanente: la gente abbandonava il proprio luogo di nascita e spesso non vi faceva più ritorno. Con l'intensificarsi del fenomeno e la necessità dei Governi di tutelare i propri cittadini, nel 1888 nacque la prima Legge sull'emigrazione e Organi pubblici e privati, Enti e Istituzioni che cercavano di garantire supporto e informazioni di ogni tipo, in merito a diritti, documenti, igiene, agli intenzionati ad espatriare. Importante in Lombardia fu l'azione svolta dalla Società Umanitaria di Milano, che in Valtellina aveva un piccolo distaccamento rinominato Ufficio Provinciale del Lavoro e dell'Emigrazione.
Ci può fornire alcuni dati quantitativi sul fenomeno migratorio dalla sua Regione in Argentina?
Il libro contiene diverse tabelle e diversi dati statistici, divisi per periodi, anni, professione, età, sesso. Sempre con riferimento alle dinamiche socioeconomiche e alle crisi agrarie della Valtellina e dell'Argentina, il tasso di espatri verso quest'ultima fu molto alto nel momento di maggior splendore argentino (“el granero del mundo”) e andò a diminuire lentamente con il susseguirsi delle numerose crisi inflazionistiche e a causa dei regimi politici che restringevano le quote di entrata degli stranieri e non tutelavano con regolarità i nuovi cittadini argentini. Dal testo si delinea un percorso chiaro in merito ai numeri di espatri verso l'Argentina, ma non viene dato un valore quantitativo totale: ricordiamo infatti che fino alla prima Legge sull'emigrazione, molti espatri non erano documentati e numerosi migranti partivano clandestini.
Dalle testimonianze raccolte quale emerge essere la relazione dei migranti con la terra d'origine?
Vi è un forte legame con la terra di origine e da parte di chi è rimasto, con chi se ne è andato. La gente di montagna è così: chiusa, legata alle tradizioni, ma cordiale e rispettosa. La forte educazione ricevuta dalla generazione dei miei nonni ha permesso loro di tessere “reti di voci e parole” che oggi le nuove generazioni possono leggere. Scoprire attraverso libri, quotidiani, documenti ufficiali, immagini è fondamentale; leggere una lettera del 1921 scritta metà in dialetto lombardo e metà in spagnolo, è ancora di più. E' una specie di regalo.
Sia in provincia di Sondrio, sia in Argentina ho avuto la possibilità di conoscere donne emigrate e rientrate o donne che hanno visto persone care espatriare e non ritornare. In coloro che hanno lasciato il proprio Paese Natale ho riscontrato un forte attaccamento alla lingua, alla cultura italiana; molti partecipano e fanno parte di club italiani, o di Associazioni di emigranti italiani all'estero, che sono decisamente numerosi e dove vi è un forte senso patriottico. Alcuni dopo anni, sono rientrati; altri fanno ritorno periodicamente per brevi visite. Altri ancora non sono mai più ritornati.
La diaspora in cifre
Nonostante la Valtellina sia stata caratterizzata da uno stile di vita schivo che ha reso tale la sua gente, lʼattitudine ad emigrare ha antiche radici e trova la sua origine nella stessa posizione geografica che da un lato lʼha posta in contatto con diversi popoli e culture e dallʼaltro lʼha penalizzata, determinando una scarsità di risorse fin dai tempi più lontani. Dal 1876 al 1900 la Lombardia è stata la quarta regione migratoria dopo il Veneto, il Friuli e il Piemonte. Dal 1900 fino alla prima guerra mondiale è stata la quinta regione migratoria dopo Campania, Sicilia, Veneto e Piemonte, passando da una media annuale di 20.000 persone a una di 55.000 e mantenendo una percentuale di espatri dal Paese attorno al 9%. Le statistiche ufficiali italiane, computate tra il 1876 e il 1976, quantificano il fenomeno in oltre 3 milioni di veneti, 2.700.000 campani, 2.500.000 siciliani e 2.300.000 lombardi, seguiti da 2.200.000 piemontesi e friulani. In riferimento ai Paesi dove ancora oggi i lombardi sono maggiormente presenti, guardando alle statistiche AIRE (Anagrafe Italiani Residenti allʼEstero), troviamo la Svizzera al primo posto con il 27,9% di iscritti, seguita dallʼArgentina con 11,7% e poi dalla Francia con lʼ8,1%.
Concentrando lʼattenzione sulla Valtellina emerge che i Paesi in cui si recavano maggiormente i valtellinesi furono l'Argentina, l' Australia e gli Stati Uniti, in minor quantità invece preferirono il Brasile, il Canada e l'Uruguay. L'Argentina, facilitando le concessioni del visto consolare e facendo larghe agevolazioni, favorì sempre l'afflusso dei lavoratori a causa, soprattutto, del grande fabbisogno di manodopera nel lavoro dei campi ma anche nella nascente industria. Furono molti i valtellinesi emigrati soprattutto a Córdoba, Rosario e Santa Fe che si insediarono definitivamente in quelle terre.
Fonte:
Che cosa l'ha spinta ad interessarsi di migrazione dalla Valtellina in Argentina ?
La ricerca è nata da una dinamica strettamente familiare e personale, per poi allargarsi a storie similari in tutta la provincia montana di Sondrio (Valtellina) e attraversare quasi mezzo secolo di storia, politica, economia e sociologia dei due territori interessati: la difficile condizione socioeconomica della Valtellina dei decenni compresi tra la fine dell' '800 e metà del '900 e la ricchezza economica di una nazione sudamericana durante il suo più significativo boom economico.
Quali erano gli obiettivi della ricerca ?
L'obiettivo principale è stato quello di ricostruire un percorso storico d'emigrazione di un popolo montano, la cui dinamica rientra negli esodi di massa degli italiani, e diffonderne la conoscenza. In Valtellina sono stati prodotti dei lavori molto interessanti in merito all'emigrazione verso l'Australia, che però fu posteriore a quella verso l'Argentina, nonostante insieme al Brasile e all'Africa nordoccidentale, fosse una delle prime mete
dei convalligiani. Resami conto che mancava un pezzo di storia provinciale, è iniziato un cammino dentro e fuori archivi storici comunali, provinciali e diverse biblioteche, che mi hanno fornito molti documenti, dati, informazioni socioeconomiche che ho raccolto e ricomposto con una logica temporale e storica.
Ci può illustrare le caratteristiche del fenomeno migratorio valtellinese ?
Fino alla metà del XIX secolo, l'economia alpina era un'economia di sussistenza, messa in difficoltà dalla grave arretratezza, dalla difficoltosa rete di viabilità e dai disagi ambientali e geografici che influivano negativamente sull'agricoltura e l'allevamento. Il sovrappopolamento alpino rendeva quindi necessari la mobilità e l'obbligo a emigrare. Coloro che intraprendevano l'emigrazione temporanea si recavano spesso in Stati continentali europei ma anche verso zone transoceaniche, affrontando lunghi e rischiosi viaggi ad ogni cambio di stagione. Verso le zone transoceaniche si dirigeva sopratutto l'emigrazione permanente: la gente abbandonava il proprio luogo di nascita e spesso non vi faceva più ritorno. Con l'intensificarsi del fenomeno e la necessità dei Governi di tutelare i propri cittadini, nel 1888 nacque la prima Legge sull'emigrazione e Organi pubblici e privati, Enti e Istituzioni che cercavano di garantire supporto e informazioni di ogni tipo, in merito a diritti, documenti, igiene, agli intenzionati ad espatriare. Importante in Lombardia fu l'azione svolta dalla Società Umanitaria di Milano, che in Valtellina aveva un piccolo distaccamento rinominato Ufficio Provinciale del Lavoro e dell'Emigrazione.
Ci può fornire alcuni dati quantitativi sul fenomeno migratorio dalla sua Regione in Argentina?
Il libro contiene diverse tabelle e diversi dati statistici, divisi per periodi, anni, professione, età, sesso. Sempre con riferimento alle dinamiche socioeconomiche e alle crisi agrarie della Valtellina e dell'Argentina, il tasso di espatri verso quest'ultima fu molto alto nel momento di maggior splendore argentino (“el granero del mundo”) e andò a diminuire lentamente con il susseguirsi delle numerose crisi inflazionistiche e a causa dei regimi politici che restringevano le quote di entrata degli stranieri e non tutelavano con regolarità i nuovi cittadini argentini. Dal testo si delinea un percorso chiaro in merito ai numeri di espatri verso l'Argentina, ma non viene dato un valore quantitativo totale: ricordiamo infatti che fino alla prima Legge sull'emigrazione, molti espatri non erano documentati e numerosi migranti partivano clandestini.
Dalle testimonianze raccolte quale emerge essere la relazione dei migranti con la terra d'origine?
Vi è un forte legame con la terra di origine e da parte di chi è rimasto, con chi se ne è andato. La gente di montagna è così: chiusa, legata alle tradizioni, ma cordiale e rispettosa. La forte educazione ricevuta dalla generazione dei miei nonni ha permesso loro di tessere “reti di voci e parole” che oggi le nuove generazioni possono leggere. Scoprire attraverso libri, quotidiani, documenti ufficiali, immagini è fondamentale; leggere una lettera del 1921 scritta metà in dialetto lombardo e metà in spagnolo, è ancora di più. E' una specie di regalo.
Sia in provincia di Sondrio, sia in Argentina ho avuto la possibilità di conoscere donne emigrate e rientrate o donne che hanno visto persone care espatriare e non ritornare. In coloro che hanno lasciato il proprio Paese Natale ho riscontrato un forte attaccamento alla lingua, alla cultura italiana; molti partecipano e fanno parte di club italiani, o di Associazioni di emigranti italiani all'estero, che sono decisamente numerosi e dove vi è un forte senso patriottico. Alcuni dopo anni, sono rientrati; altri fanno ritorno periodicamente per brevi visite. Altri ancora non sono mai più ritornati.
La diaspora in cifre
Nonostante la Valtellina sia stata caratterizzata da uno stile di vita schivo che ha reso tale la sua gente, lʼattitudine ad emigrare ha antiche radici e trova la sua origine nella stessa posizione geografica che da un lato lʼha posta in contatto con diversi popoli e culture e dallʼaltro lʼha penalizzata, determinando una scarsità di risorse fin dai tempi più lontani. Dal 1876 al 1900 la Lombardia è stata la quarta regione migratoria dopo il Veneto, il Friuli e il Piemonte. Dal 1900 fino alla prima guerra mondiale è stata la quinta regione migratoria dopo Campania, Sicilia, Veneto e Piemonte, passando da una media annuale di 20.000 persone a una di 55.000 e mantenendo una percentuale di espatri dal Paese attorno al 9%. Le statistiche ufficiali italiane, computate tra il 1876 e il 1976, quantificano il fenomeno in oltre 3 milioni di veneti, 2.700.000 campani, 2.500.000 siciliani e 2.300.000 lombardi, seguiti da 2.200.000 piemontesi e friulani. In riferimento ai Paesi dove ancora oggi i lombardi sono maggiormente presenti, guardando alle statistiche AIRE (Anagrafe Italiani Residenti allʼEstero), troviamo la Svizzera al primo posto con il 27,9% di iscritti, seguita dallʼArgentina con 11,7% e poi dalla Francia con lʼ8,1%.
Concentrando lʼattenzione sulla Valtellina emerge che i Paesi in cui si recavano maggiormente i valtellinesi furono l'Argentina, l' Australia e gli Stati Uniti, in minor quantità invece preferirono il Brasile, il Canada e l'Uruguay. L'Argentina, facilitando le concessioni del visto consolare e facendo larghe agevolazioni, favorì sempre l'afflusso dei lavoratori a causa, soprattutto, del grande fabbisogno di manodopera nel lavoro dei campi ma anche nella nascente industria. Furono molti i valtellinesi emigrati soprattutto a Córdoba, Rosario e Santa Fe che si insediarono definitivamente in quelle terre.
Fonte:
In Rete con l’Italia - Anno VIII, Numero 2 (Marzo - Aprile 2010).
Bimestrale d'informazione a cura della Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie - MAECOM
Bimestrale d'informazione a cura della Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie - MAECOM